jueves, 8 de octubre de 2009

“Formazione… Trasformazione nell’Amore”

«La formazione comincia quando Dio ci chiama, si fa conoscere e gustare in maniera che non Lo possiamo più dimenticare così da essere pronti a qualunque sacrificio per Lui, perché ciò che più desideriamo è rimanere nel Suo Amore. Per questo la forza di ogni processo di formazione, è nel lasciarci trasformare dall’Amore di Dio» .

«Venga dunque lo Spirito Santo, brilli la sua luce nelle nostre menti, il suo fuoco accenda i nostri cuori e operi prima in noi stessi quella trasformazione che deside¬riamo portare negli altri» .

Carissimi Fratelli e Sorelle,
il Dio dell’amore che ci riempie di ogni bene nel suo Figlio diletto Gesù sia con tutti noi e rimanga sempre vivo nei nostri cuori.
È trascorso un anno dalla mia prima lettera scritta come Casante a tutta la Famiglia Calabriana e dall’invito che ho fatto, seguendo l’indicazione del X Capitolo Generale di una vera ripresa spirituale, a compiere dei passi verso la Galilea che è una metafora della trasformazione che siamo chiamati a vivere in questo momento storico dell’Opera.
Devo dire e confessare che, al di là delle difficoltà che abbiamo trovato e le prove che il Signore ci ha mandato lo scorso anno, vedo in tutti i membri dell’Opera un grande desiderio di rinnovamento e la consapevolezza di tutti che questa è la strada giusta per un ritorno alle origini. Abbiamo un grande cammino da fare, perciò incoraggio tutti quanti a mantenere questo sguardo alzato e sforzo per lasciarsi rinnovare dalla fonte dell’Amore che è Dio Padre.
In questa mia seconda lettera propongo il tema della formazione che fa parte di questo percorso indicato dal programma generale del Capitolo. Aggiungiamo alla formazione il cammino di fede e di preghiera come due pilastri di questo anno.
La prima lettera, di carattere più generale, indicava gli aspetti principali per una ripresa spirituale in questo tempo e dava delle linee programmatiche per tutto il sessennio. Questa lettera invece vuole essere più specifica e attirare l’attenzione su questo tema molto importante per noi religiosi e laici dell’Opera. Per questo motivo vi sottopongo degli elementi biblici, teologici, della nostra spiritualità e del quotidiano per risvegliare in noi questo desiderio di una vera formazione e conformazione con Cristo. Credo che possa essere uno strumento valido e pratico per la formazione permanente e chiedo a ognuno di meditarla personalmente e nelle comunità per fare una verifica della nostra vita in questo processo di rinnovamento senza il quale non possiamo arrivare a una vera trasformazione dell’Opera.
Durante l’anno verranno consegnati alle comunità degli ulteriori sussidi per approfondire questa tematica che verrà presa in considerazione anche negli esercizi spirituali personalizzati.
«La formazione è una delle priorità per questo sessennio come chiede il Documento Finale del Capitolo. La formazione vista come strumento a tutti i livelli sia per preparare i futuri Poveri Servi sia per aiutare a vivere questa vocazione particolare quelli che già fanno parte dell’Opera. Dobbiamo pensare a una formazione in grado di cambiare le persone, una formazione che aiuti a unirci a Dio e a crescere nella nostra consacrazione vissuta con gioia. Una formazione che aiuti i membri dell’Opera a crescere nella vita di santità» .
Il tema della Formazione è molto complesso e ci sono molti libri scritti sullo stesso argomento. Però prima di fare la proposta concreta in relazione al tema di questa lettera, permettetemi di fare una premessa importante per chiarire che cosa dobbiamo intendere quando parliamo di formazione, e il suo significato più profondo.
Dobbiamo confessare che a questo riguardo nelle nostre realtà e nei nostri candidati circolano varie idee:
• Una certa identificazione tra formazione e osservanza: si considera la persona come “formata” perché osserva gli orari, le formalità, gli impegni esterni, personali e comunitari che sono stati decisi...“È un buon religioso, religiosa o sacerdote”.
• La tendenza ad identificare gli studi accademici e la formazione: si considera la persona come “formata” perché ha concluso gli studi di filosofia e teologia, o perché ha conseguito un determinato titolo accademico, o solo perché è “molto intelligente”.
• Esiste una certa identificazione tra formazione e carriera: si considera la persona come “formata” quando ha già tanti anni di professione semplice alle spalle; è già professo di voti triennali; o ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Ha osservato fedelmente quello che le norme della Chiesa e della Congregazione stabiliscono. Ha fatto una buona carriera ed è un religioso-sacerdote, religiosa professionista.
• Certa identificazione tra formazione e informazione: si considera la persona come “formata” perché ha ricevuto una quantità sufficiente di informazione sulla realtà umana, dottrina della Chiesa, vita religiosa, i voti, la missione, ecc. È stato informato, quindi formato.
Con la premessa che ho fatto, non voglio dire che non siano necessari i contenuti appena citati; solo che la formazione è molto di più. Riprendendo il titolo della lettera, voglio parlare di formazione come “trasformazione nell’amore”, perché senza questa esperienza fondante della vita umana non si può costruire una vita cristiana e religiosa.
La formazione consiste nel diventare sempre più un discepolo di Cristo, crescere nell’unione con Lui e nella configurazione a Lui. Questo processo richiede una conversione continua, uno spogliarsi di sé, del proprio egoismo, camminare secondo lo Spirito, rivestirsi di Cristo, verso la pienezza di Cristo. La configurazione a Cristo si realizza nella conformità al proprio carisma e alle indicazioni del proprio Istituto: spirito, caratteristiche, finalità, tradizioni . Perciò la formazione non è solo quella iniziale, ma è anche permanente. Una è implicita nell’altra; anzi, quando nella Congregazione c`è una formazione permanente concreta per cui si sa dove andare, la formazione iniziale si inserisce su questa ottica. «La formazione è di per sé permanente. E solo a partire da questa accezione nativamente ampia sarà poi possibile suddividere i tempi della formazione stessa in periodi, ognuno con le sue caratteristiche di vario genere e la sua incisività più o meno marcata. Ma è solo dal concetto di formazione permanente che si può far derivare o dedurre quello di formazione iniziale, non il contrario. La formazione permanente non è ciò che viene dopo la formazione iniziale, ma è ciò che la precede e rende possibile, è l’idea-madre o il grembo generatore che la custodisce e le dà identità» .
Questa trasformazione è un processo d’amore che coinvolge tutta la persona nella sua umanità e spiritualità. È un percorso che è cominciato un giorno nella nostra vita e va seguito fino alla fine. Lo Spirito Santo è l’autore della formazione, perche è il fuoco d’amore che rinnova la nostra mente e il nostro cuore per muovere la nostra volontà nella ricerca del Dio Padre fonte d’Amore. «… “Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4,16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: “Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto”. Abbiamo creduto all'amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» .
Vogliamo percorrere questo cammino con molta umiltà e semplicità però allo stesso tempo con molta profondità, perché penso che oggi nel mondo in cui viviamo, con tutte le sfide che ci sono, dobbiamo mettere al centro della nostra vita cristiana e religiosa l’amore come fonte e sorgente per vivere la nostra vocazione nel quotidiano. Facciamo una precisazione: ci riferiamo all’amore di cui parla il papa Benedetto XVI nella prima parte della enciclica “Deus caritas est” .
Quando Dio ci comanda di amare non ci impone un comandamento che riguarda un sentimento che non possiamo suscitare in noi stessi , l’amore non è soltanto un sentimento. Esso è una risposta a un avvenimento che “per primo” accade e che si impone nella vita, e che spinge ad un’assunzione personale libera. Infatti l’uomo, che sulla terra è l’unica creatura che Dio abbia voluta per se stessa, non può ritrovare pienamente se stesso se non attraverso un dono sincero di sé . L'amore provoca nell'amante un movimento volto all'incontro pieno con l'amato, ad un dono totale di sé che ha come intenzione ultima l'unione affettiva con l'Amato. L'avvenimento dell'amore, ci ricorda Benedetto XVI, è sempre l'incontro con una Persona. «L'esperienza dell'amore […] diventa ora scoperta dell'altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante» .
Pensando a questo rilevo la fatica nella vita personale, nelle famiglie, nella vita comunitaria, nella vita consacrata a vivere questa importantissima dimensione, perche l’amore è ciò che muove il nostro cuore ad aprirsi e accettare l’amore di Dio e ad esprimere questo amore donandoci agli altri. «… Fa parte degli sviluppi dell'amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso: nel senso dell'esclusività — «solo quest'unica persona» — e nel senso del «per sempre». L'amore comprende la totalità dell'esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l'amore mira all'eternità. Sì, amore è «estasi», ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio …» .
A questo riguardo nel mondo d’oggi, nelle famiglie e nella vita consacrata, si fa fatica a vivere la dimensione della esclusività e della fedeltà “per sempre”. Siamo consapevoli della fragilità umana, però allo stesso tempo dobbiamo vedere con più obiettività il perché di certi abbandoni nella vita consacrata, sacerdotale e matrimoniale. Mi pongo la domanda: non sarà la mancanza di “formazione” in questa dimensione dell’amore? Come fare spazio realmente allo Spirito Santo nella nostra vita personale e comunitaria?
Gesù dice nel Vangelo: “voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A nulla serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5,13). È una triste realtà e possibilità che la vita cristiana e consacrata perdano sapore fino a non avere più nulla da dire e da dare agli altri diventando tiepide, mediocri e insignificanti anche per noi. Si può continuare a fare tutto con fedeltà, però senza gioia, gratuità: tutto viene calcolato e misurato con una mentalità del dovere per il dovere verso di noi e verso gli altri: tocca a lui fare!... tutto pesa, tutto stanca.
Ma noi possiamo diventare il sale più gustoso, perche Gesù è il sale. In una vita che sempre cresce, il sale diventa sempre più saporito: vite piene, che sperimentano fino in fondo il centuplo, vite che dicono anche senza parlare, perché quello che toccano, che fanno, diventa irradiazione dell’amore di Dio. È il loro essere stesso che parla di Dio perché ne è pienamente inabitato.
Che cosa fa la differenza tra una vita mediocre e una vita che parla di Dio e ne diventa un canto d’amore? Mi sembra che la differenza sia un rapporto personale e vivo con Cristo, un rapporto non solo di quando siamo stati chiamati ma che continua ancora oggi e che cresce e si trasforma nella fonte dell’Amore. «[…] la vocazione dell’uomo è l’amore […] vivere nell’amore, creare nell’amore: solo così la persona umana crea se stessa, custodisce se stessa all’interno di una identità che cresce fino a raggiungere l’amore di Cristo, l’amore perfetto […] La volontà d’amore, una volontà orientata alla comunione, una volontà orientata all’altro con amore, per amore e nell’amore […] non stiamo parlando di qualcosa di romantico, ma di profondamente serio, addirittura drammatico. La volontà di Dio è praticamente una sola: che tutti gli uomini si possano scoprire amati da Dio Padre e che possano accogliere questo amore con una risposta d’amore […] l’amore di Dio viene sperimentato da ciascuno in modo totalmente personale […] La vera formazione allora è quella che aiuta la persona ad entrare in questa dinamica e a superarla nel modo giusto, cioè attraverso il sacrificio della propria volontà, aderendo alla volontà di Cristo, comprendendo intellettualmente in modo convincente che non è importante che cosa io faccio, e neanche che cosa io sono, ma che quanto sono sia così radicalmente piantato in Cristo che tramite me traspaia Lui e che ciò che faccio lo faccia con Cristo e in Cristo. È importante cioè che Lui agisca tramite me, e così anche il modo di Cristo si realizzi» .
Caro fratello e sorella, ti invito a cominciare questo percorso con un cuore aperto e ricevere questa lettera con fede per realizzare nella tua vita quotidiana questa esperienza profonda per rinnovarci insieme, secondo il nostro carisma.



LA FORMAZIONE COME TRASFOMAZIONE NELL’AMORE NELLA BIBBIA

La formazione è un processo di configurazione nell’Amore che ha come scopo la trasformazione della persona perché viva gli stessi sentimenti di Gesù, il Figlio Amato. Lo Spirito Santo, la Parola di Dio e la persona stessa sono i soggetti di questo processo.
Dal punto di vista biblico la configurazione nell’amore ci riporta al “parallelo” Parola – Ascolto. La rivelazione biblica attribuisce un’importanza eccezionale all’ascolto della Parola. Parola e ascolto creano dinamiche relazionali fondamentali tra Dio – Popolo – Dio, ma anche tra Persona – Persona. Il parlare non avrebbe senso se non fosse indirizzato a qualcuno che ascolta.
Che cosa significa parlare/ascoltare in senso antropologico/biblico? L’essere umano è dotato del senso dell’udito; l’orecchio è l’organo preposto a questa percezione. Come altri viventi l’uomo ode i suoni, e in base all’esperienza li sa riconoscere e interpretare. L’uomo, diversamente dagli animali, riconosce nel suono la voce, e nella voce, la parola: “L’orecchio discerne le parole come il palato assapora i cibi” (Gb 34,3). Il parlare s’indirizza all’orecchio ma, perché la parola faccia da mediazione nel rapporto tra due persone, deve essere accolta in una sede d’intelligenza, di comprensione. Secondo le categorie bibliche la parola deve passare dall’orecchio al cuore: “Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza” (Pr 2,2). “Figlio mio, fa attenzione alle mie parole, porgi l'orecchio ai miei detti; non perderli mai di vista, custodiscili nel tuo cuore” (Pr 4,20-21). L’ascolto del cuore definisce così la qualità spirituale dell’uomo.
«L’uomo esiste perché Dio gli ha rivolto la parola, lo ha chiamato all’esistenza chiamandolo ad essere suo interlocutore. La vocazione è la Parola che Dio rivolge all’uomo e che la fa esistere imprimendo in lui l’impronta dialogica. La vocazione precede alla persona stessa. L’uomo può comprendere la sua vita come il tempo che gli è dato per questo dialogo con Dio. Se l’uomo è creato dalla conversazione con Dio ed è così colui che è chiamato a parlare, a esprimersi, a comunicarsi, a rispondere, il tempo che ha disposizione può essere compreso come il tempo per la realizzazione della sua vocazione. Ciò significa che la vocazione dell’uomo è proprio la vita nell’amore, in quell’amore in cui egli è stato creato e di cui è stato reso nuovo con la redenzione» .

1 – Processo formativo nel primo Testamento: creare un cuore che ascolta
Il Dio biblico è un Dio che parla e rivela se stesso invitandoci a vivere un rapporto d’alleanza con Lui. Quando l’essere umano accetta questo invito e aderisce alla vocazione che Dio ha su di lui, comincia un processo di configurazione della vita secondo il desiderio profondo del Dio che si rivela. E questo processo comincia con l’ascolto della Parola del Dio che Parla.
Il popolo d’Israele nasce dall’esperienza dell’ascolto di Dio. Nel cuore della storia d’Israele narrata nel Primo Testamento troviamo il comandamento: “Ascolta Israele” (Dt 6,4). Dio, al Sinai, fa sentire la sua voce al popolo che ha coscienza di essere portatore di una rivelazione del Dio Vivente. Questa esperienza lascia tracce profonde e incancellabili in tutta la storia d’Israele.
Il processo formativo nel Primo Testamento cerca di creare nella persona un cuore che abbia una profonda capacità d’ascolto. L’ascolto nel senso biblico significa “fare” quello che Dio dice nella Torah e negli avvenimenti della storia. C’è un’attiva adesione nello stesso momento in cui l’orecchio percepisce il suono della Parola di Dio sulla bocca di Mosè: “Tu ci riferirai quello che il Signore nostro Dio ti avrà detto e noi ascolteremo e lo attueremo” (Dt 5,27). “Sentire”, poi “fare”: questo è “ascoltare” per Israele.
Il testo fondamentale del processo formativo per creare un cuore che ascolta la Parola e configura la vita secondo la Torah si trova in Dt 6,4-9. “Ascolta Israele” si può dire nel senso in cui il popolo intero è identificato come una persona, come un discepolo. Però questa personalità collettiva significa che Israele in quanto tale è chiamato ad ascoltare diventando così l’ascolto un fenomeno individuale, personale. Ogni persona è chiamata ad ascoltare ma solo all’interno di una comunità, di una collettività. L’ascolto è possibile in un clima di sensibilità e comunione di fede con tutto il popolo.
In Dt 6,4b c’è un duplice contenuto: rivelazione dell’alleanza che costituisce Israele come popolo e lo abilita ad ascoltare. Ma soprattutto il Signore è uno solo, significa non solo che non ci sono altri dei, ma soprattutto che è unificato in se stesso, è un’unità. Siccome il Signore è uno tu devi amare il Signore con tutto te stesso, nella tua unità, in modo unificato. La sua unità richiede la tua unità.
Il Signore è uno, è anche il fondamento del precetto dell’amore che troviamo al v. 5: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”. Sono espressioni che conosciamo a memoria ma è importante interiorizzarle e realizzarle concretamente: nessuno può amare al tuo posto, e tu devi amare con quello che sei, nelle occasioni e nelle circostanze che incontri, con la tua persona e le tue capacità.
La totalità dell’amore richiama all’unicità. Non si può riservare niente per altri idoli, perché Dio ama Israele di un amore geloso, “con tutto il cuore, con tutta l’anima , con tutte le forze”. Le tre facoltà che vengono espresse sono il cuore l’anima e le forze, quindi, con tutto te stesso!
Nel v. 7 si parla anche di altre parti del corpo umano per sottolineare la totalità coinvolgente del precetto dell’ascolto e del comandamento dell’amore di Dio, infatti l’organo dell’ascolto non è tanto l’orecchio quanto il cuore. Il v. 6 aveva detto: queste parole saranno sul tuo cuore nel quale sono impresse le parole della legge.
L’ascolto per essere completo deve diventare a sua volta parola, ecco il senso di questo vers. 7. È come un ciclo: all’origine c’è la Parola di Dio, Israele ascolta, ma poi Israele deve essere portavoce di Dio e l’ascolto non è vero se non diventa parola. “Shema” in ebraico vuol dire ascoltare, obbedire e parlare (trasmettendo agli altri quello che si è ascoltato). È importante in questo testo non solo il precetto dell’ascolto ma anche quello della narrazione. La parola chiede ascolto; l’ascolto richiede la parola che si è ascoltata.
Ci sono poi altre azioni (vv. 8-9), che hanno dato origine ad alcune usanze nell’ambiente farisaico come i filatteri con i rotoli della Parola, che dovevano essere un costante segno visibile della Parola ascoltata. Questo richiama un criterio di unità tra mente, cuore e mano; tra pensato, ascoltato, agito.
La pedagogia dell’ascolto portò il popolo d’Israele a creare “strutture formative” con lo scopo di educare la persona e la comunità nell’arte dell’ascolto. La famiglia è il luogo primordiale della parola e dell’ascolto. Le tradizioni orali cercano di trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio spirituale e vitale della storia degli antenati. La sinagoga è il luogo dove si ascolta la “Torah” e si cercano gli elementi fondamentali per la vita del pio israelita. Ascoltare non è un momento nella vita ma è un modo di essere, di vivere. La qualità etica della persona e della comunità è proporzionale alla qualità e profondità dell’ascolto della Parola. Il culto nel tempio, le tante feste religiose e tutti i gesti simbolici cercano di aiutare la persona e il popolo a mantenere viva la memoria storica e l’imperativo vitale dell’ascolto della “Torah”.
La vocazione profetica nasce dall’ascolto ossia, alla base di tutte le vocazioni troviamo il binomio Parola-Ascolto. Quando l’essere umano ha una profonda capacità d’ascolto si mette in grado di sentire la Voce di Dio che chiama a vivere una missione in favore del suo popolo come facevano i profeti che leggevano la storia con gli “occhiali della Torah”.
All’origine della vocazione nel Primo Testamento c’è sempre un “orecchio e un cuore” che ascolta la Parola di Dio che rivela una missione da compiere. Quando non c’è ascolto, non c’è vocazione e non c’è coscienza della missione. Ecco perché al centro della spiritualità e del processo formativo del popolo d’Israele troviamo l’imperativo: “Ascolta Israele” e il desiderio profondo “dammi un cuore che ascolta”. «La novità della fede biblica è anzitutto la nuova immagine di Dio […] Esiste un solo Dio, che è il Creatore del cielo e della terra e perciò è anche il Dio di tutti gli uomini […] Ciò significa che questa sua creatura gli è cara, perché appunto da Lui stesso è stata voluta, da Lui «fatta». E così appare ora il secondo elemento importante: questo Dio ama l'uomo. Il suo amore, inoltre, è un amore elettivo» .
«Ascoltare è amare, ascoltare Dio è accogliere la Persona di Dio in noi. È qui che cominciano le grandi trasformazioni nel cuore dell’uomo. Ascoltare è mettere Dio al centro della nostra preghiera. Quando si impara ad ascoltare Dio, allora comincia a calare in noi la profondità di Dio. La vita spirituale profonda comincia quando Dio può parlare al nostro cuore […] Quando abbiamo il coraggio di fissare i nostri occhi negli occhi di Cristo e Lui può dirci ciò che ha da dirci» .

2- Processo Formativo nel Secondo Testamento: “fate attenzione a come ascoltate” (Lc 8,4-21)
Il Dio biblico che parla e nel parlare rivela se stesso, nella pienezza dei tempi, si fa “essere umano” e pone sua dimora in mezzo a noi. Nel mistero dell’Incarnazione il binomio Parola-Ascolto diventa una persona in Gesù di Nazareth. La Parola “si fa carne” per essere più vicina all’uomo che deve diventare “orecchio” per ascoltare con il cuore e vivere nella missione quello che ha ascoltato. Il mistero dell’Incarnazione assume nell’unità la dinamica del parlare e ascoltare come cammino di salvezza.
Gesù nel processo formativo con gli apostoli ha dato una importanza fondamentale e decisiva alla pedagogia dell’ascolto, in particolare a come si deve ascoltare. Se guardiamo la storia vocazionale dei primi discepoli, scopriremo che tutto comincia con l’ascolto della Parola di Gesù che invita a “lasciare le barche, la rete, la famiglia, gli amici […] e tante altre cose”, per vivere un processo di formazione dove l’arte dell’ascolto viene sviluppata e approfondita. Nei rapporti con le folle o nell’intimità del gruppo dei dodici, Gesù insiste sull’ascolto e il modo come si ascolta, secondo la triplice dimensione della tradizione ebraica: Parola – Ascolto – Azione.
Lo strumento pedagogico più apprezzato da Gesù sono le parabole, che fanno riflettere sul modo di vivere in profondità. Nel Primo Testamento il processo formativo aveva lo scopo di creare un cuore con capacità profonda d’ascolto. Nel Secondo Testamento lo scopo è formare un cuore che faccia attenzione a come si ascolta nel modo giusto. Ci è di esempio la parabola del seminatore in Lc 8,4-15 e il suo parallelo in Mt 13, 3-23. I vari modi d’ascolto corrispondono ai diversi livelli formativi che ogni discepolo può vivere nella sua storia vocazionale e nella sua missione. Il discepolo è chi ascolta il Maestro. Quest’ascolto può essere superficiale e sterile, senza profondità. Gesù, aiuta i discepoli e la folla a migliorare la loro capacità e profondità nell’ascoltare e vivere la Parola. Le azioni di Gesù sono azioni salvifiche perché portano salvezza e vita nuova in tutti quelli che lo accolgono, e pedagogiche perché educano i discepoli a fare le stesse azioni nella missione a loro affidata da Gesù.
La comunità dei discepoli è il luogo primordiale dove Gesù pratica il suo processo formativo per trasformare, nell’amore, la vita dei discepoli. Tutto questo non è vissuto in modo teorico ma con uno stile di vita concreto. Gesù “forma” offrendo se stesso come esempio. Non propone teorie ma “stili di vita”. Il processo formativo di Gesù ha una triplice dimensione: Ascolto – Purificazione – Configurazione nell’Amore, per essere testimone, “Vangelo vivente”. Gesù approfondisce la triplice dimensione del processo formativo del primo testamento: Parola – Ascolto – Azione.
Nel brano di Mc 1, 14 – 45 troviamo la descrizione dell’attività di Gesù all’inizio del ministero in Galilea. Guardando più da vicino troviamo 7 azioni salvifiche e pedagogiche.
a) Mc 1,16-20 – Gesù chiama i primi discepoli per formare la comunità che sarà il luogo primordiale delle azioni pedagogiche di Gesù nella formazione dei discepoli.
b) Mc 1,21-28 – Gesù libera la persona da tutte le sue catene, in particolare quelle costruite all’interno del suo cuore.
c) Mc 1, 29-31 – Gesù guarisce la persona da tutte le sue malattie che impediscono di vivere una vita di servizio.
d) Mc 1, 32 -34 – Gesù diventa sorgente di speranza e di vita per tutti gli afflitti e perduti nelle strade della vita. La vita debole trova in Gesù accoglienza, compassione e guarigione.
e) Mc 1, 35- 37 – Gesù dedica tempo di qualità alla preghiera personale nell’intimità con il Padre. Imparare a pregare fa parte essenziale del processo formativo di Gesù con i suoi discepoli.
f) Mc 1,38-39 – Gesù non si lascia guidare dal successo veloce e facile. La comunione con il Padre lo aiuta a mantenere una mentalità aperta e missionaria.
g) Mc 1, 40-45 – La compassione di Gesù ha il suo momento di accoglienza e guarigione e anche il suo momento vocazionale: la persona guarita diventa testimone gioiosa di Gesù.
Quando i discepoli di Gesù vanno in missione per tutto il mondo porteranno queste azioni nella comunità e come comunità. Con questo modo di comportarsi, saranno visti e riconosciuti come comunità che segue Gesù. In questo punto possiamo approfondire il testo di Gv 21,15-19 “Simone di Giovanni, mi vuoi bene? Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene …” Mi sembra che questo sia il momento culminante nel processo di chi segue Gesù nella vita cristiana e particolarmente nella vita consacrata, “Amare Lui”, e la missione si capisce e si vive solo nella dimensione di questo amore totale oltre le nostre fragilità. In questo senso e alla luce di quanto visto finora nei diversi brani, il criterio essenziale per illuminare e qualificare il processo formativo è L’AMORE … (PAROLA – ASCOLTO – PURIFICAZIONE – CONFIGURAZIONE – MISSIONE ) NELL’AMORE, PER AMORE E CON AMORE.
Tutto il processo formativo (iniziale e permanente) diventa una continua crescita senza fermarsi mai, perche l’Amore ci apre il cuore ad una esperienza con la Parola e con la persona di Gesù che è sempre nuova. La vocazione si rinnova ogni giorno con nuovo entusiasmo e gioia superando tutto ciò che può chiuderci a questo rapporto d’amore. «La Parola che è una Persona viva che mi parla, per conoscerla non ho bisogno di aggredirla con le mie idee, i miei preconcetti, ma devo piuttosto assumere quell’atteggiamento umile e accogliente che predispone a far sì che l’Altro si possa rivelare. Quando tra noi e la Parola c’è il rapporto come tra l’Amante e l’Amata del Cantico dei Cantici, allora si dischiudono i misteri […] Dobbiamo imparare a fermare nel cuore la Parola e “addomesticare” il proprio cuore ad essa» , come l’esperienza che ha fatto Don Calabria diventando un “Vangelo vivente”.


LA FORMAZIONE E TRASFORMAZIONE IN SAN GIOVANNI CALABRIA
In questa visione della formazione come “trasformazione nell’amore”, e dopo avere approfondito la tematica nella Bibbia, possiamo capire con più precisione ciò che è stata la formazione e trasformazione in San Giovanni Calabria. Il centro di tutta la l’attività formativa di Don Calabria è stata la Parola di Dio incarnata e vissuta: “siate Vangeli viventi” diceva spesso a tutti. Nella sua esperienza la formazione è l’Amore (Parola – Ascolto – Purificazione – Configurazione – Missione) nell’Amore, per Amore e con Amore.
Don Calabria non ha scritto progetti formativi specifici da applicare per la formazione dei candidati alla vita religiosa o dei laici nell’Opera. Le linee che formano un vero Povero Servo, Povera Serva, Missionaria dei Poveri e i laici calabriani le troviamo nei suoi scritti: «l’amore, la comunione e l’unione con Dio Padre alla base di tutto». Don Calabria, come Gesù, non ha offerto progetti formativi, ma stili di vita.
Don Giovanni era profondamente convinto che soltanto le anime possono agire sulle anime in modo che venga realmente toccato qualche cosa di intimo, qualcosa di vivo, qualcosa che si trasformi in germe e cresca. Vi è un solo mezzo per rendere gli uomini migliori, più puri, più disinteressati, più santi: essere buoni, puri e santi noi stessi. Il santo, vi si dice, è una predica vivente, assai efficace . Perciò in questa ottica la formazione è una trasformazione interiore di una esperienza d’amore che rende la persona sempre più aperta all’azione dello Spirito Santo nella vita, con la consapevolezza di manifestare agli altri quella trasformazione che viene da Dio. Possiamo capire con più chiarezza l’espressione di Don Calabria “Conche e Canali”: l’Amore che sgorga dalla nostra vita non è nostro ma viene da Dio.
Parlando della formazione dei sacerdoti, possiamo dire che più ci si addentra nel pensiero di Don Calabria, e più si scoprono nuovi aspetti, che mostrano il suo ruolo “pionieristico” e anticipatore del rinnovamento conciliare. Il Cristocentrismo, nella formazione e nella vita, lo si coglie nella lettura dei suoi libri (“Amare”, “Perché non scenda la notte sul mondo”, “Apostolica vivendi forma”, “Instaurare omnia in Cristo” ). Don Calabria richiama ad una formazione più umana, ed invita espressamente a coltivare le virtù umane .

Guardando in profondità la Chiesa e la sua missione nel mondo, don Calabria coglieva l'urgenza di «formare sacerdoti e religiosi secondo il Cuore di Dio, che vivano "more Apostolorum, sine pera, sine sacculo; gratis accepistis, gratis date"! e di formare Fratelli pieni di fuoco di amor di Dio, che si diffondano dappertutto, accendendo con il buon esempio, con la parola, lo spirito evangelico» .
Leggendo gli scritti di Don Calabria e guardando la sua vita stessa più da vicino, vediamo chiaramente come lui ha fatto questo percorso di unità e intimità nell’esperienza dell’amore di Dio. Un amore così forte e puro che possiamo vedere l’intimo della sua anima. Mi ha fatto impressione particolarmente ciò che lui scriveva ai suoi allievi e candidati alla vita sacerdotale (può riferirsi e usarsi chiaramente per la vita religiosa) sul programma di vita. Lo riporto tutto perche mi sembra un gioiello, e mette in evidenza soprattutto ciò che mi sembra attuale anche per noi oggi:

«Programma di vita . Centro della mia formazione sarà, con ogni mezzo, cercare di conoscere Gesù, per amarlo e renderLo l'ideale della mia vita.
1) E per conoscere Gesù: a) Avrò uno studio particolare per il santo Vangelo e per tutto ciò che mi parla di Gesù come qualche Vita di Cristo. b) Farò con vero impegno la mia Meditazione, considerandola il mezzo migliore per conoscerLo e imitarLo (prepararla sin dalla sera precedente e soprattutto con la preghiera). c) Userò bene dell'esame di coscienza (preventivo al mattino - particolare - generale) per togliere dalla mia condotta tutto ciò che può dispiacere a Gesù e per praticare tutto quanto mi possa facilitare l'imitazione di Gesù. N.B. Per rendere più sicuro il mio lavoro mi farò seguire dal Confessore, che procurerò sia stabile, e dal Padre Spirituale. Tratterò con essi con la massima semplicità, schiettezza, umiltà e fiducia certo che con il loro aiuto lavorerò meglio la mia anima.
2) Per amare Gesù: a) Attenderò con impegno a tutte le mie pratiche di pietà e cercherò di non smetterle mai. Le farò spesso oggetto del mio esame particolare. b) Curerò di assistere nel miglior modo possibile alla S. Messa ascoltandola liturgicamente con il Messalino. N.B. Cercherò di avere sempre una qualche intenzione ben precisa. c) Non lascerò passare la giornata senza fare qualche Visita al SS.mo sia pur breve ma fervorosa. d) Il mio Rosario procurerò di recitarlo bene, in unione a Maria, studiandomi di trarne qualche profitto secondo i miei bisogni e lo stato d'animo.
3) Per servire Gesù: A) Nei superiori. a) Mi sforzerò di avere per loro la massima stima. Eviterò con cura ogni mormorazione a loro carico. b) Cercherò di limitarne i buoni esempi o di vivere le loro raccomandazioni, sicuro d'imbevermi in tal modo dello spirito della Casa. c) Per facilitare ad essi il grave e difficile compito della mia formazione domanderò spesso a loro se avessero qualche osservazione e richiamo da farmi e con umiltà e docilità li ascolterò. B) Nei compagni. Come norma generale mi sforzerò di vedere in tutti Gesù. a) Userò carità con tutti, maggiori o inferiori di età. b) Starò attento a non disgustarli mai volontariamente (evitando frasi, motti, dei quali potessero offendersi). c) Se mi sarà data possibilità di aiutarli materialmente o spiritualmente lo farò con generosità (sempre attenendomi al consiglio del Padre Spirituale). d) Starò sopra me stesso per vincere i pensieri di invidia e gelosia, di simpatia e antipatia e per non dare mai a nessuno cattivo esempio. e) Tratterò tutti con il massimo rispetto evitando ogni familiarità e particolarità. Terrò presente la bella norma del Card. Ferrari: Amarsi come fratelli e rispettarsi come sovrani. C) Nelle mie regole. Terrò fisso nel cuore che esse sono l'espressione genuina della volontà di Dio nella mia formazione. "Qui regulae vivit Deo vivit". a) Le stimerò tutte ugualmente. b) Le leggerò spesso possibilmente tre o quattro al giorno facendole poi materia di esame. Terrò presenti specialmente quelle alle quali più di frequente manco. Mi farò aiutare dal mio Padre Spirituale per osservarle il meglio possibile. D) Avrò una cura tutta particolare per proteggere la mia vocazione e mi studierò di sempre più svilupparla e arricchirla. a) Ricorrendo alla preghiera e manifestando con prontezza e chiarezza le tentazioni e difficoltà al Confessore e al Padre Spirituale. b) Amando la virtù della purezza e usando di tutte quelle norme di mortificazione interna ed esterna e di modestia che mi suggerisce l'ascetica. c) Domandando a Gesù e alla Madonna un grande amore per le anime. d) Non lasciando sfuggire occasione per esercitarmi nell'umiltà, custode della vocazione e della purità. e) Allenandomi ad uno spirito di sacrificio e di rinuncia ricordando che se Gesù è "la vittima dei Sacerdoti" i Sacerdoti devono essere sua vittima. f) Caccerò la tristezza come uno dei più grandi pericoli per la mia vocazione. In tutto questo lavoro avrò di mira la Madonna e mi penserò vicino a Lei. Domanderò a Lei di essere sin d'ora Apostolo. E metterò nelle sue mani la mia vocazione, la mia formazione, il mio avvenire, pregandola a condurmi all'unum con Gesù, con Lei e con i miei fratelli».
Da questo programma di vita si deduce tutto il percorso di crescita spirituale di Don Calabria sin dall’ inizio e ciò che lui propone come cammino formativo. Usa un linguaggio dell’epoca, però i principi sono ancora validi oggi: “Conoscere, Amare e Servire Gesù”; ecco il centro della formazione come trasformazione nell’amore vissuto da lui e proposto come programma massimo di vita.
Don Calabria viveva abitualmente in una comunione spirituale di vita, di pensiero, di sentimento, di azione con Maria Madre di Gesù. Con Lei, con la sua protezione e intercessione materna si muoveva, operava, parlava, pregava; per le sue mani benedette offriva a Cristo Signore le sue imprese apostoliche, il bene che derivava, le amarezze che gli costavano, i successi e gli insuccessi. Al suo Cuore Immacolato si consacrava totalmente e spingeva gli altri a consacrarsi . «La Carità ha dimensioni più grandi di ogni cosa e può trionfare di tutto», afferma don Calabria nell'articolo "Sfogo dell'anima", e poi aggiunge questa preghiera alla Madre del Divin Amore: «Colei che fu Madre di Dio perché ha creduto (Lc 1,45) apra le nostre luci alla visione dell’Amore, e questo Amore deve investire tutti noi, Sacerdoti e religiosi; solamente così vi è posto per noi nella Chiesa di Dio, cioè se saremo Preti santi, Vangeli viventi» .
«Oh si, non basta predicare, parlare, agire; tutte belle e buone cose; ma è, prima di tutto, necessario praticare quello che Gesù e gli Apostoli hanno predicato: “Sacerdos alter Christus”. E come il sacerdote, chiunque vuol essere apostolo, deve essere perfetto imitatore di Cristo. Siamo Vangeli viventi e prima di predicare pratichiamo. Il Vangelo sia da noi applicato alla lettera: solo in questo sta il nostro patrimonio, il segreto per compiere grandi cose. Ma per essere Vangeli viventi, per avere lo spirito del Vangelo, è assolutamente necessario domandarlo al Signore. Dobbiamo essere convinti che da noi stessi siamo zero e miseria, ma che, uniti al Signore e respirando il suo spirito, noi faremo dei veri miracoli. […] Bisogna, miei cari, che di ogni Povero Servo, Fratello o Sacerdote che sia, si possa dire con verità: egli è Gesù. … Unico nostro pensiero sia di cercare il santo Regno di Dio e la sua giustizia, per mezzo dello studio pratico di nostro Signore Gesù Cristo, cercando con il divino aiuto, di essere tanti Vangeli viventi,pieni, traboccanti di carità per tutti, per tutte le anime […] La nostra ricchezza, il nostro patrimonio sicuro si posa tutto sul santo Vangelo vissuto» .
Concludendo questa parte, e parlando della trasformazione in Don Calabria, credo sia molto opportuno pensare e agire seriamente sulla base di questa proposta di programma di vita personale e comunitaria che ci aiuta a vivere su di un piano soprannaturale nella quotidianità della vita. Non si può improvvisare la vita spirituale, abbiamo bisogno di un progetto preciso e chiaro. Possiamo dire che anche per noi oggi si propone lo stesso percorso che in parole più moderne definiamo “discernimento”, come cammino principale dell’ascolto della Parola di Dio per conoscere e amare Gesù, e la “revisione di vita”, come cammino per servire Gesù nella persona degli altri e crescere nella comunione e nell’amore.
Vorrei proporre come necessario e come cammino formativo in questo sessennio “il Discernimento” e “la Revisione di vita” per arrivare a quella trasformazione del cuore che tutti desideriamo. In funzione di questo cammino formativo mi auguro che i periodi sabbatici o di formazione e i materiali che arriveranno alle comunità per la riflessione, ci aiutino a capire meglio ciò che propongo come linea programmatica al riguardo della formazione iniziale e permanente.
Il “Discernimento” e la “Revisione di vita” offriranno alle comunità e a tutta l’Opera elementi carismatici per preparare la revisione delle opere che cominceremo nel 2011, quando esamineremo la loro significatività alla luce della fede e la loro coerenza con lo scopo di “Cercare in primo luogo il Regno di Dio e la sua giustizia …”
Questo lo si potrà fare nella misura in cui ci impegneremo nella formazione, lasciando trasformare il nostro cuore dall’amore. Potremo così rispondere oggi alle nuove sfide dell’umanità nella fedeltà al carisma e allo spirito puro e genuino dell’Opera.

FORMAZIONE, UNA TRASFORMAZIONE DEL CUORE
“… Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne …” (Ez 36,25-26).
Arrivati a questo punto della lettera, vorrei fare una proposta concreta partendo dal linguaggio biblico e dall’esperienza di Don Calabria, per approfondire questo concetto della formazione come una trasformazione del cuore prendendo lo spunto biblico: “si ascolta con il cuore”. Il "volto" del Dio di Gesù è un volto di Agape, di Amore. Don Calabria ha scoperto questo volto leggendo il Vangelo, ma anche contemplando il "volto dell'uomo" che porta impressa in sé l'immagine del Creatore.
«Il rapporto tra Dio e l’uomo si compie nello Spirito Santo, la persona divina che rende l’uomo partecipe dell’amore del Padre nel Figlio. Questa partecipazione, cioè la presenza dell’amore divino nell’uomo, rende possibile l’accesso a Dio e all’uomo, creato in questo amore» .
Una delle vie per arrivare a questa trasformazione del cuore è il discernimento. Un discernimento che fa parte della relazione vissuta tra Dio e l’uomo, anzi è proprio uno spazio in cui l’uomo sperimenta il rapporto con Dio come esperienza di libertà, addirittura come possibilità di crearsi .
Premesso che la formazione del cuore è da considerare parte integrante della formazione della persona e che – dal momento che «il cuore dell’uomo è fatto su misura divina […] Le altre cose lo occupano ma non lo saziano» – esso «va ascoltato, conosciuto ed educato con gradualità, pazienza e amore da parte degli educatori». Per individuare le modalità di intervento è necessario tenere presente la duplice dimensione, verticale e orizzontale, della Carità . La dimensione verticale è l’esperienza dell’amore di Dio. L’amore è la originaria vocazione da cui ogni essere umano proviene. La formazione in senso orizzontale invece, è l’esperienza dell’altro. La scoperta dell’amore di Dio apre all’amore al prossimo. In questa esperienza dell’amore la persona deve essere formata. Vediamo su questo binomio della formazione verticale e orizzontale gli insegnamenti di Don Calabria, un uomo con una profonda comunione con Dio amore, ma allo stesso tempo un uomo vicino alle necessità dei fratelli. Io penso che questa dimensione della formazione non può mancare in tutto il processo spirituale di un Povero Servo, di una Povera Serva, delle Missionarie dei Poveri e dai laici; perché è il fondamento di una vita vissuta e maturata nell’amore. L’impegno quotidiano è lasciarsi penetrare dall’amore di Dio per riempire il nostro cuore delle sue ispirazioni e per aprirsi ai bisogni dei fratelli.
Parlando più concretamente, guardando la nostra vita e la situazione del mondo d’oggi e delle sfide che ci sono, credo opportuno sentire questa chiamata del Signore a vivere una esperienza fondante che cambi la vita della persona. Senza questa trasformazione del cuore non si può rinnovare la vita cristiana e consacrata.
«Dove nasce l’amore? Dov’è la sua origine e la sua fonte? Dov’è il luogo che lo contiene e dal quale proviene? Questo luogo è nascosto è nell’intimo dell’uomo. Da questo luogo esce la vita dell’amore, poiché “dal cuore procede la vita” (Pr 4,23)» . La radice da cui proviene l’amore è più profonda della sua vita cosciente, è più intima e segreta dello stesso desiderio in cui si manifesta, precede le motivazioni coscienti dei nostri atti. Perciò quando si parla di formazione come trasformazione del cuore si deve vedere nella profondità della persona queste motivazioni. Mi ha sempre colpito molto nella vita dei santi, e soprattutto di San Giovanni Calabria, la loro profondità. Una profondità che converge nell’amore e unità con Dio, e nello stesso tempo nella vicinanza agli altri. Lui è stato chiamato “una pianta sensitiva”, una persona aperta a Dio e all’uomo.
Con tutto ciò che abbiamo detto fino adesso, ci rendiamo conto che questa trasformazione del cuore non può accadere semplicemente con alcune lezioni di “formazione” o “informazioni” a livello razionale, ma con una esperienza fondante con il Dio Amore che ci fa vivere in comunione con Lui. Senza quest’esperienza non avviene la trasformazione del cuore, rimaniamo nella superficialità. È per questo che nella vita cristiana e nella vita religiosa si constata tanta superficialità e mancanza d’esperienza d’amore. La perseveranza nella vita consacrata dipende da questa esperienza che prima o poi deve accadere nella nostra vita, altrimenti si cercano altre strade che non aiutano la persona a questo incontro radicale con Dio e il suo amore. «Il Cammino spirituale dice che tutto può essere trasformato. Ma può essere trasformato solo ciò che noi accettiamo e guardiamo. Il pericolo è che qualcuno non sia pronto a guardare la propria verità. Allora non prende la strada della trasformazione, ma la strada della compensazione che lo porta in un vicolo cieco» .
La vita cristiana e religiosa non si possono mantenere senza una profondità e una esperienza dell’amore di Dio, altrimenti davanti ai problemi e alle difficoltà della vita crolla tutto. Gesù è molto chiaro nel Vangelo quando parla della casa edificata sulla sabbia o sulla roccia: “… Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande” (Mt 7,24-27). Il fondamento d’una vita cristiana e religiosa è Cristo, il suo amore in noi che ci rende capaci di affrontare le situazioni difficili che incontriamo nel quotidiano.
Cosa cerchiamo nella nostra formazione? Come viene organizzata la formazione iniziale e permanente su questo punto? Sono convinto, come già ho accennato in un’ altra parte della lettera, che la formazione permanente mantiene dinamica la formazione iniziale, rendendola viva. Per rendere più adeguata, forte e sentita la formazione iniziale dobbiamo cominciare da noi stessi, con la nostra formazione permanente.
Se l’amore è l’avvenimento di un incontro singolare, esso non si esaurisce nell’istante magico del suo primo darsi, nella meraviglia dello stupore con l’amato, ma invita a un cammino di purificazione e di maturazione verso la pienezza, e si radica in una verità sul bene, che ne garantisce l’autenticità.
Pur partendo da un sentimento non si ferma al sentimento, ma diventa scelta della volontà e opera concretamente nella storia di ognuno di noi, per costruire la comunione tra le persone. «Mentre l’amore è perpetuo, l’innamoramento è per la sua stessa natura a termine, e per continuare deve trasformarsi: deve passare dal livello affettivo a quello della volontà» .
Le nostre Costituzioni parlano di questo percorso formativo del Povero Servo: «La risposta alla chiamata di Dio nella vita consacrata postula un rinnovamento profondo dello spirito e un cambio di mentalità (cuore) che ispira tutto lo sviluppo futuro della nostra esistenza nel cammino incessante verso la radicalità evangelica: convertitevi e credete al Vangelo, rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l’uomo nuovo» .

FORMAZIONE PER UNA PROFEZIA DELL’AMORE DI DIO NEL MONDO
Questa proposta di formazione come trasformazione nell’amore ci porterà – con l’aiuto dello Spirito Santo – a superare la nostra centralità, il nostro egoismo e i nostri interessi per rendere il nostro cuore più consapevole dell’azione di Dio nella nostra vita, pur riconoscendo che siamo, usando una espressione forte di don Calabria, “zero e miseria” davanti al grande progetto di Dio. Non possiamo annunziare ed essere profezia dell’amore di Dio nel mondo se non facciamo l’esercizio dello svuotamento di noi stessi, perché solo il Suo amore possa possederci in modo tale da trasfigurarci per mezzo della croce “perché la nostra vita proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (cfr. Fil 2,5-11).
Nella vita spirituale ci sono due vie, due strade: l’orientamento verso Dio o verso noi stessi. Capisco quando sono sulla strada dell’amore di Dio se sono aperto agli altri.
Nella formazione iniziale è molto importante «rendere la persona non solo docile, ma anche docibile, intelligentemente e attivamente disponibile a lasciarsi formare tutta la vita dalla vita, cioè in ogni circostanza, a qualsiasi età, in qualunque contesto esistenziale …»
In un progetto formativo è fondamentale chiarire la linea antropologica da seguire. Dio nel suo progetto originario ha creato l’uomo come realtà unificata – Anima, Mente, Corpo - e ha iscritto nell’umanità la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione . «In quanto spirito incarnato, cioè, anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l’uomo è chiamato all’amore in questa sua totalità unificata. L’amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell’amore spirituale» .
La formazione deve aiutare a costruire persone unificate, capaci di realizzare nella propria umanità la vocazione all’amore : «… È proprio della maturità dell’amore coinvolgere tutte le potenzialità dell’uomo ed includere, per così dire, l’uomo nella sua interezza …» . L’aspetto spirituale, psicologico e pedagogico della formazione devono quindi contribuire all’unificazione dell’uomo con Dio, che è il sogno originario di Dio sull’uomo. Come dice Benedetto XVI: «… Questa unificazione non è un fondersi insieme; è unità che crea amore, in cui entrambi – Dio e l’uomo – restano se stessi e tuttavia diventano pienamente una sola cosa» .
L’aspetto spirituale deve mirare all’incontro esperienziale con Dio Amore. L’aspetto psicologico deve aiutare per mezzo di colloqui motivazionali, che delineano la storia famigliare e la struttura psichica, a comprendere il significato della chiamata di Dio, della scelta di vita religiosa, dei voti, all’interno della storia personale di ognuno . L’aspetto pedagogico deve offrire quegli elementi che aiutano ad essere figure educative significative nei vari contesti dell’Opera per manifestare la Paternità-Maternità di Dio nel mondo secondo la centralità del nostro carisma. La formazione deve aiutarci a crescere nella maturità dell’amore per diventare con la grazia di Dio persone pienamente realizzate: ecco il centro della profezia del nostro essere religiosi, religiose e laici calabriani.
Vorrei soffermarmi a riflettere brevemente sulla dimensione umana - psicologica della formazione, che tuttavia non può essere separata dalla dimensione spirituale, e che però – come dice Amselm Grüm – aiuta a una consapevolezza della propria realtà umana. «Chi desidera diventare sacerdote o religioso o religiosa deve diventare consapevole di se stesso. Deve affrontare un processo di maturità umana […] Si tratta in primo luogo di una sana autocoscienza del proprio valore. Ho bisogno di intuire le mie capacità, il mio valore. Autocoscienza del proprio valore significa che io intuisco la mia unicità» . Propongo come linea da seguire, soprattutto per chi lavora direttamente nella formazione, quanto proposto dalla Chiesa per lo sviluppo delle qualità umane nel percorso formativo e l’uso della psicologia per aiutare le persone ad un cammino di unificazione .
A questo proposito, nella formazione, con un percorso psicopedagogico, si deve aiutare la persona a scoprire la sua realtà unificata, perché si orienti verso Dio e non verso se stessa. Amedeo Cencini precisa che in un processo di vera e propria formazione permanente, da un punto di vista psicologico, ci sono tre esigenze nell’essere umano: - Quella di scoprire e dare senso alla propria storia, passata e presente, e alla propria persona: è il bisogno di verità. - L’esigenza, ancora, di avere un centro di attrazione attorno al quale unificare le forze vive dell’affettività, della capacità di relazione e alterità, della sessualità, della fecondità umana. - L’esigenza, infine, che questa fonte di verità per la mente, ma che attrae pure il cuore, sia anche centro di trazione, che sappia assieme dare unità e mettere in movimento tutto l’apparato psichico e gli dia forza e determinazione . Il passaggio fondamentale che lui fa è integrare queste esigenze umane nella esperienza fondante della Pasqua: «Impossibile non cogliere la corrispondenza sostanziale tra queste esigenze e il ruolo e il significato della Pasqua nel progetto del Padre. La croce di Gesù è fonte di verità e al tempo stesso è sole che attira potentemente verso di sé […] nulla, infatti, come la croce dà all’uomo la certezza di essere amato, ma allo stesso modo nulla come la croce provoca ad amare, a fare dell’amore il criterio di ogni scelta» .
La persona che orienta tutto su se stessa non può arrivare mai a capire il senso dell’amore come agape, che significa donare la propria vita, dare la propria vita. Questa è la formazione che cambia il cuore, quando una persona mossa dallo Spirito può arrivare a dire: “offro la mia vita per te”; altrimenti continuiamo a formare persone (bravi sacerdoti, religiosi, laici) ma senza questa caratteristica essenziale di una persona che è piena dell’amore di Dio e lo trasmette con la sua vita nel quotidiano. «Nella croce del Figlio si è manifestato l’amore del Padre: è il momento più alto della teofania, ove esplode la verità, del Dio amante e dell’uomo amato, del Dio che non esita a scendere fino al livello più basso per mostrare l’amore per l’uomo, trasformando la morte in vita e il male in bene, e il peccatore in giusto […] La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e ha attirato a sé tutti gli uomini» .
In questo sessennio vorrei che potessimo fare una vera riflessione sull’impostazione della formazione, prendendo in considerazione i progetti formativi già elaborati, per fare una verifica se aiutino veramente a condurre le persone a diventare pienamente mature nella loro vocazione all’amore. Penso che alle volte mettiamo molto l’accento sulla preparazione di religiosi, religiose, sacerdoti e laici “per fare” e non “per essere”, prima di tutto, persone che fanno esperienza dell’amore e trasmettono questo amore nella loro vita. Concretamente tramite la “commissione centrale per la formazione”, che include la presenza dei laici, vogliamo animare i percorsi formativi per raggiungere gli obiettivi fin qui esposti. Però credo indispensabile che nelle comunità si senta fortemente il bisogno di momenti di preghiera, di condivisione della Parola, offrendo spazi e opportunità ai laici per iniziare e promuovere i “gruppi di fermento”, anima delle proprie attività. Questa proposta sia offerta a coloro che desiderino fare un’esperienza forte ed esistenziale della spiritualità calabriana, per diventare a loro volta testimoni ed animatori del carisma.
È importante tener conto della cultura d’ogni nazione dove siamo presenti, dialogare e conoscerci reciprocamente, ma è fondamentale che le comunità facciano sempre riferimento al carisma di Don Calabria diventando così piccoli “focolari” dove si possa fare l’esperienza dell’amore di Dio. Solo queste esperienze possono attirare nuove vocazioni sacerdotali, religiose e laiche per tutta la Chiesa con lo spirito dell’Opera.
Scriveva Sor. Maria Galbusera nella regola di vita del 1915: «Nell’amore sta il compimento della legge perché esso solo è il segreto dell’obbedienza perfetta, della povertà, della castità, il segreto di tutta la vita religiosa. L’anima che ama, la sposa innamorata dello Sposo, lo cerca, lo chiama, lo trova dappertutto. Ogni dovere, ogni gioia, ogni croce, ogni dono, ogni privazione, ogni luce, ogni tenebra, tutto per essa è il suo Dio, e riposa sul Cuore del Diletto. Abbandonata perdutamente in Lui, che s’incarica di nutrirla, di illuminarla, di rendersela degna di plasmarla, e di modellarla, secondo i disegni del suo Cuore; essa lo lascia fare, non distinguendo più fra il patire e il godere qual sia il gaudio più grande, non comprendendo che una cosa sola: Lui solo, Lui sempre …» . Vediamo con quanta profondità e convinzione le prime sorelle e i primi fratelli hanno vissuto questa esperienza dell’amore nel quotidiano. Cercare sempre il Signore, ecco il segreto della nostra vita consacrata e cristiana. Il centro della nostra vita è nell’amore e nella comunione con Cristo, questo non vuol dire che sia un amore romantico: è quell’amore che si vive tramite la croce e il dolore.
In relazione a quanto detto fino ad ora, ci sono troviamo molti suggerimenti per fare una revisione della nostra vita e della formazione che proponiamo alle nostre comunità e alle persone che si avvicinano all’Opera.
Quale formazione? Quale stile di vita per un membro dell’Opera oggi?
Mi sembra chiaramente di aver capito nella mia vita, pur dovendo ancora crescere per tanti aspetti, che è una questione fondamentale il nostro essere prima del fare. Anzi, non si può fare se non si è prima di tutto. Perciò chi dice che già fa tutto nella vita e che non ha bisogno di formazione, si stanca e non cammina più. Da questo punto di vista la formazione, che diciamo essere una trasformazione nell’amore, è un processo che comincia un giorno nella nostra vita e finisce solo nell’incontro totale e definitivo con Cristo, l’Amato, guidati dallo Spirito Santo. In questo senso la via sempre conduce alla croce, come l’ha vissuta Don Calabria. Non si può pensare a una formazione iniziale e permanente in questa ottica senza fare l’esperienza di croce-amore nel quotidiano.

FORMAZIONE PERMANENTE, QUOTIDIANITÀ NELLA COMUNITÀ
Nella prima lettera parlavo di recuperare la “mistica del quotidiano” come una proposta concreta di formazione: «Per quanto riguarda la formazione permanente dobbiamo scoprire la ricchezza e il valore del quotidiano, la cosiddetta “mistica del quotidiano”, per la crescita e la perseveranza nella nostra vocazione. In questo senso la comunità ha un valore insostituibile per garantire la crescita dei singoli religiosi. […] Tutto il processo evolutivo di un progetto di Congregazione dovrebbe portare giustamente a un senso progressivo di adesione al carisma … La formazione permanente, infatti, è una formazione a un senso sempre più forte e trasparente di appartenenza» .
Vorrei qui parlando della formazione permanente approfondire ciò che significa per noi membri dell’Opera vivere principalmente la dimensione della quotidianità. Sono convinto che la risposta sempre nuova e gioiosa alla nostra vocazione si approfondisce e realizza nel quotidiano. Questa formazione si sostiene solo con una profonda vita spirituale e di preghiera, che mi porta a rivivere/vivere l’incontro d’amore con Dio nel quotidiano per essere Vangeli viventi. La nostra missione comincia quando in ginocchio davanti al Signore, apriamo il cuore alla Parola che ogni giorno indica il cammino alla nostra vita nella Sua volontà. La preghiera è inserita nella vita e la vita si fa preghiera quando abbiamo questa unità.
Il dramma nella vita religiosa e dell’uomo attuale è che non prega. Pregare è amare e dialogare con Dio. L’uomo ha bisogno di stare in ginocchio, di fare silenzio, di penetrare nella sapienza di Dio, di entrare nella pienezza della luce. Sotto l’azione dello Spirito Santo la nostra intelligenza diventa intelligenza d’amore e scopriamo che certe meraviglie si capiscono solo amando. In questo dialogo di amore, proprio perché amiamo, il nostro cuore diventa prudente, saggio, equilibrato, gioioso e coraggioso. “Rimanete in me e Io in voi” dice Gesù. La vita mistica vuol dire una vita che contiene il mistero del Dio presente in noi. “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,33-34). Chi meglio di noi, figli e figlie di Don Calabria, può capire e vivere la mistica del quotidiano con l’abbandono totale nelle mani di Dio Padre e l’affidamento alla sua Divina Provvidenza. Per noi la formazione permanente nel quotidiano è l’impegno a cercare prima il Regno di Dio che si concretizza nell’impegno di ravvivare nel mondo la fede e la fiducia in Dio, Padre di tutti gli uomini, mediante l’abbandono totale alla sua divina Provvidenza, intensamente vissuto e chiaramente testimoniato in tutte le vicende personali e comunitarie e negli eventi storici nel mondo . Questo ci fa vivere una dimensione soprannaturale nella vita quotidiana, nella sofferenza e nella vicinanza ai più poveri e agli ultimi.
«L’ambiente naturale della formazione permanente è la comunità in cui il Signore ci ha collocato. Perciò prima di ogni altro, la comunità è corresponsabile della formazione permanente …». La comunità è l’ambito naturale dove si fa questo percorso importante, perciò vuol dire che dobbiamo aiutarci, perché la comunità non è una realtà ideale: io sono membro e parte della comunità.
Don Calabria ci teneva tanto alla “Casa” come ambiente naturale della formazione e faceva di tutto perché i religiosi, i laici e gli allievi ricevessero una formazione secondo lo spirito puro e genuino. E proprio a questo riguardo vorrei ricordare che il Bollettino “L’Amico” è nato come uno strumento di formazione permanente che don Calabria volle per i suoi ragazzi, anche se egli non ha mai usato la parola formazione permanente. Così scriveva: «È proprio per mantenervi sempre più uniti a questa Casa, che vi presento con cuore di padre questo Bollettino; ho pensato lungo tempo prima di decidermi, ed ora mi sembra nel Signore che sia giunto il momento di iniziare l’uso di questo nuovo mezzo potente che è la stampa, per dire spesso a voi, ogni mese, una buona parola che valga a cementare sempre più e sempre meglio la vostra unione d’affetti alla Casa …»
In merito a questo argomento vorrei anche dire ai laici che la vostra formazione permanente dovete cercarla nella comunità che per voi ha tre espressioni: comunità famiglia, comunità parrocchiale e comunità dell’Opera, cioè la “Casa”. Abbiamo una grande responsabilità per la nostra formazione permanente di ogni religioso, religiosa, ma anche dei laici nell’ambito della collaborazione che la Chiesa ci chiama a vivere in profonda unità. Nella lettera per l’anno sacerdotale il Papa scrive: «L’esempio del Curato D’Ars mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico corpo sacerdotale e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano per condurre tutti all’unità della carità “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12,10). È da ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa […] Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi» .
Nell’unità e collaborazione con i laici don Calabria ha messo sempre in evidenza l’importanza della famiglia come cellula dell’umanità. Importante in quest’ora attuale per l’Opera essere punto di riferimento ed accompagnare le famiglie nella loro vocazione, perché diventino luogo in cui si rende visibile l’amore di Cristo. «È una difficile, ma nobile e grande missione quella della famiglia, nella quale Dio si degna di prendere tra gli uomini dei collaboratori per popolare il mondo e il cielo di anime. La salvezza dell’umanità sta nel risanamento e cristianizzazione della famiglia. Bisogna che Gesù sia il Re della famiglia e il suo spirito aleggi nelle nostre case. Lavoriamo a tutto potere per salvare la famiglia, cellula dell’umanità, affinché ritorni al suo posto di nobiltà e di santità. Non si risparmi fatica per ricostruire su basi cristiane le famiglie che si vanno formando, e per far ritornare alla loro nobiltà quelle che se ne sono allontanate. Rifiorisca la vita cristiana, perché sia osservata la santa legge di Dio, venerato e rispettato il focolare domestico, perché si stabilisca la pia abitudine della preghiera in privato e in comune, la frequenza ai Sacramenti,la santificazione della festa. Che intorno al focolare domestico si raccolgano abitualmente tutti i membri, come riuniti in un cuor solo e in un’anima sola, dividendo gioie e dolori intimi, rinsaldare i vincoli che legano gli uni gli altri nella stessa casa. Ogni sera il capo di casa raccolga intorno a sé i membri della sua diletta famiglia e legga adagio la pagina del Vangelo che in questo libro viene proposta; se si sentirà di aggiungere una sua parola, sappia che come capo di famiglia ha una speciale investitura sacerdotale e la sua parola sarà benedetta dal Signore» .
Il ritorno in Galilea, richiesto dal Capitolo, può diventare una realtà solo se cerchiamo nel quotidiano i mezzi perché questo rinnovamento avvenga prima di tutto all’interno dell’Opera.

MEZZI E STRUMENTI PER UNA FORMAZIONE CONTINUA
Alla sorgente di tutta la formazione e trasformazione nell’amore c`è lo Spirito Santo che ci fa progredire e ci aiuta a rinnovarci ogni giorno unificando la nostra vita con una chiamata costante alla conversione. Da parte nostra dobbiamo avere una disponibilità attiva e vigile alle sue proposte e ispirazioni sia attraverso i mezzi da Lui proposti, come anche attraverso i “segni dei tempi” che dobbiamo essere in grado di leggere ed accogliere.
Le nostre Costituzioni ci specificano il cammino da seguire con gli obiettivi e i mezzi concreti per una formazione continua .
Vorrei però indicare alcune vie da percorrere, in questa prospettiva della formazione come trasformazione nell’amore, che ritengo molto importanti sia per la formazione iniziale come per la formazione continua o permanente.

 IMPARARE AD AMARE
«Un problema urgente. Di ritorno dai suoi viaggi attraverso i lebbrosari di tutto il mondo, Raoul Follereau ebbe un’udienza dal Papa. Versò nel cuore del Papa tutte le sofferenze che aveva visto. Ci fu un grande silenzio. Poi Giovanni Paolo II prese le mani di Roul Follerau nelle sue e con un tono di voce accorata disse: “Ciò che è necessario è insegnare agli uomini ad amarsi”. Urge l’educazione all’amore. Il Papa aveva detto nella “Redemptoris Hominis”: “L’uomo non può vivere senza amore. La sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”. Amare è entrare nella vita di Dio, amare è aprire gli occhi sui bisogni dei fratelli, amare è rimboccarsi le maniche per il fratello, amare è dare e darsi, amare è servire è lavare i piedi è chinarsi davanti al fratello, amare è avere il cuore sensibile e buono, amare è comandare i pensieri gestire nella bontà i propri giudizi, amare è saper gestire le parole, amare è dimenticare il male ricevuto, amare è prima della preghiera, amare è aprire il cuore anche al nemico, amare è imitare la misericordia di Dio» . Questo ci fa pensare a don Calabria e al suo invito sin dall’inizio nelle prime regole: “Guardarsi come fratelli e come tali amarsi e aiutarsi nella vita spirituale”. È Dio che ci insegna ad amare, perché Lui è amore e perciò per imparare ad amare dobbiamo ritornare alla sorgente dell’amore.

 IMPARARE A PREGARE
«Dobbiamo ricorrere spesso e con fiducia alla preghiera; ma non a una preghiera fatta a fior di labbra, ma alla preghiera che parte dal cuore, perché solo allora ne sperimenteremo l’efficacia. Un santo dice che la preghiera è l’onnipotenza dell’uomo e la debolezza di Dio. In particolare, ricorriamo con fiduciosa insistenza allo Spirito Santo, unico vero Maestro della vita interiore e che prega per noi, come dice l’Apostolo, “con gemiti ineffabili” (Rm 8,26)» .
Vedo come sia necessaria la preghiera del cuore per un vero cammino di formazione iniziale e permanente facendo dei percorsi non “corsi” di preghiera, perché pregare non è solo dire parole, ma è un allenarsi continuo nel silenzio lasciandoci amare, esprimendo a Dio la volontà di amarlo con tutte le forze. La preghiera è l’anima della nuova evangelizzazione e fonte indispensabile dell’efficacia del nostro apostolato, perciò è molto importante e viene considerata come attività principale per noi Poveri Servi .
«… La preghiera del cuore è un atto di fede che, poggiando sulla forza dello Spirito Santo, soffio vitale della nostra preghiera, parte dal silenzio interiore e porta a Dio, orientando la volontà umana all’adesione perfetta della volontà di Dio […] È difficile amare. Ad amare si impara. Per questo l’esempio quotidiano della preghiera del cuore assume una portata immensa. Dobbiamo appassionarci tanto nella preghiera del cuore da non concepire la preghiera senza un vero impegno di amore» .

 LECTIO DIVINA
Riprendendo quello che avevo scritto nella mia prima lettera, «… La Lectio Divina deve essere il motore e il pane quotidiano per una intimità con il Signore fondata sulla Sua Parola. Le Costituzioni lo dicono chiaramente: “la preghiera è la prima attività di un Povero Servo”» . Come avevamo accennato parlando della trasformazione nell’amore nella Bibbia, uno degli atteggiamenti è l’ascolto con il cuore. La Lectio Divina è un allenamento profondo per entrare nella profondità della Parola di Dio e farla diventare vita della nostra vita, come dice San Gregorio Magno: «Mettiti d’impegno, ti prego, e trova il modo di meditare ogni giorno le parole del tuo Creatore. Impara a scoprire il cuore di Dio nelle parole di Dio. Tanto più profonda sarà la tua pace, quanto più viva e incessante sarà la ricerca dell’amore di Dio» .

 PREGHIERA LITURGICA
«Vi raccomando la pietà soda e sentita. La nostra sia soprattutto pietà eucaristica, pietà mariana. Oh, se gli uomini riuscissero a capire che l’eucarestia è il sole dell’umanità e che da questo sole dipende la nostra vita e la nostra vera gioia quaggiù in terra e lassù nel cielo! La sola S. Messa celebrata con la fede dei Santi sfonda le fortezze diaboliche e da vigoria alla nostra povera debolezza. La Santa Messa, fonte di ogni altra Grazia, oh, come deve essere celebrata! Una santa Messa devotamente celebrata: quanta ricchezza per le anime nostre, per il nostro ministero, per l’Opera! È un’ora di gioia intima, con i fratelli e con Dio. È il centro della nostra vita e della nostra giornata. L’Eucaristia è la devozione caratteristica della nostra Opera: Gesù vivente in mezzo a noi, dimorante nei nostri Tabernacoli, che ci invita a sé per consolarci e santificarci, che ci promette la vita eterna: che cosa possiamo cercare di più e di meglio? […] A Gesù, però, si va per mezzo di Maria. Siamo devoti alla cara Madonna, veneriamo in Lei soprattutto il grande privilegio della sua Immacolata Concezione …»
Mentre progrediamo nell’amore alla preghiera interiore deve crescere in noi la stima e l’amore alla preghiera liturgica. Ecco come ne parla la Chiesa: «Le Lodi e i Vespri assumono una grande importanza, perché rivestono il carattere di vere preghiere del mattino e della sera. È la preghiera che Cristo col suo Corpo rivolge al Padre, dobbiamo riconoscere l’eco delle nostre voci in quella di Cristo, e quella di Cristo in noi. […] La Sacra Scrittura diventi realmente la fonte principale di tutta la preghiera cristiana» . «Dalla liturgia, e particolarmente dall’Eucaristia, deriva in noi come da sorgente la grazia e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini, e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa» .

 STRAORDINARIETÀ DELL’ORDINARIO
«Noi siamo sempre tentati di evadere e cercare condizioni migliori altrove, giustificando magari la nostra mediocrità con l’alibi dell’ambiente o delle persone con cui ci è dato di vivere, o lamentandoci di quel che ci riserva la vita d’ogni girono, perché debole e limitato, o ripetitivo e banale, o troppo semplice o eccessivamente ordinario. Un po’ come Naaman il Siro, che s’arrabbia di fronte alla proposta giudicata troppo banale, addirittura irrispettosa per uno come lui, da parte del profeta. Invece la formazione permanente nasce dalla fede elementare nel mistero del vivere ordinario, diventa possibile a partire dall’accettazione incondizionata di esso nella sua ferialità a volte grigia, senza forzature o fughe; è convinzione che la vita ti forma se tu la rispetti, se l’accogli dalle mani d’un Altro, se non pretendi di dominarla, correggerla, cancellarla in qualche parte, togliere qualche spigolo, renderla più gradevole o più grande, quasi procreandola artificialmente …»
«Ogni mattina il Signore ci fa sentire che il giorno è suo, come Buon Padre, che dobbiamo aspettare tutto da Lui […] Lui ci lavora tutto il giorno […] Il Signore vuole che lo lasciamo fare, lasciarlo che ci prepari tutto: riposo, lavoro, sacrifici […] lasciandoci portare da Lui» .

Ci sono tanti mezzi che abbiamo alla nostra disponibilità per crescere nella vita spirituale, fondamento principale della nostra formazione, basta vedere ciò che è indicato nelle nostre Costituzioni, nella parte VII, parlando sulla nostra preghiera . Come scriveva don Calabria alle religiose: «Mettete sempre al primo posto la preghiera: “Senza di me - dice Gesù - non potete far nulla". Per quante doti aveste di natura, abilità, scienza, robustezza, parola avvin¬cente, ecc., tutto è zero, che non vale niente se non c'è davanti l'Uno che è Iddio. Con quell'Uno darete valore a tutto quello che fate, anche alle minime cose, alle più insignificanti azioni quotidiane. State dunque strettamente unite a Dio, con la vera e soda pietà, esercitata con quelle pratiche che la re¬gola prescrive: ma sempre con l'amore filiale, col trasporto proprio della sposa verso lo Sposo» .

FORMAZIONE E MISSIONE, FORMAZIONE ED EVANGELIZZAZIONE
Una formazione che trasforma il cuore nell’amore non può lasciare la persona indifferente alla evangelizzazione. Questo è stato dall’inizio il sogno di don Calabria: formare religiosi, sacerdoti e laici di spirito apostolico disposti a tutto. La particolarità del nostro carisma ci spinge ad insistere nella formazione sin dall’inizio e nella formazione permanente a vivere questo ideale missionario che è all’origine della Chiesa nell’espressione di San Paolo “Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16).
Abbiamo celebrato in questi giorni il cinquantesimo della presenza dell’Opera in America Latina, segno dell’inizio dell’attività missionaria dell’Opera nel mondo. Con queste parole ci accoglieva Monsignor Viola vescovo di Salto l’8 Settembre 1959: «… Ringrazio Dio per l’arrivo dei Poveri Servi a questa diocesi che ha tanto bisogno; e ringrazio i superiori che hanno scelto la povertà e i più abbandonati per cominciare “l’opera missionaria”, seguendo così la strada tracciata dall’amato don Calabria e il suo “spirito puro e genuino”. Ringrazio anche per la vostra sentita adesione alla richiesta di questo povero vescovo, che comunque indegno, occuperà da oggi in poi il luogo del vostro Padre don Luigi per aiutarvi come richiesto da lui e secondo il mio dovere, per compiere i “disegni dell’ora attuale” che ha vissuto don Calabria, però soprattutto perché possiate conservare e vivere intensamente lo spirito puro e genuino dell’Opera dei Poveri Servi della Divina Provvidenza …» .
La missione principale che Dio affida all’Opera è quella di ravvivare nel mondo la fede e fiducia in Dio Padre, con tutte le sfide che ci sono nel mondo contemporaneo. «Occorrono gli esempi. All'esempio dei primi cristiani si convertivano i pagani. Spesso ci si illude quando le folle accorrono alla chiesa in certe circostanze; questo non basta; è necessario evangelizzare l'individuo, formare la famiglia cristiana, rendere i fedeli consapevoli della loro fede; e tutto questo di¬pende da noi; perché irradiamo anche senza saperlo; come la radice porta la linfa fino alle ultime foglioline di un grande albero, così anche noi possiamo e dobbiamo portare la linfa di Nostro Signore Gesù Cristo "usque ad finem terrae", alle anime che vivono agli estremi confini della terra» . Queste parole profetiche di don Calabria trovano visibilità nel nostro impegno quotidiano di evangelizzazione e di servizio concreto agli ultimi, attraverso i quali possiamo riaccendere nel mondo la luce della fede e dell’amore.
Benedetto XVI nella sua ultima enciclica ci aiuta a fare una lettura della società alla luce della verità e della carità come fondamento per l’evangelizzazione del mondo contemporaneo: «… L’amore nella verità – caritas in veritate – è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. Il rischio del nostro tempo è che all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano. Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante. […] La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire […] Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. […] La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr. Gv 8,32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale …»
In questa società e in questa Chiesa il Signore chiama noi membri dell’Opera, a dare l’umile contributo della nostra spiritualità, quindi abbiamo una grande responsabilità soprattutto nel campo della formazione, nel preparare persone che con la loro vita siano segni dell’amore di Dio nel mondo.
Lasciamoci provocare anche dallo slancio missionario che la Chiesa in America Latina propone con l’ultimo documento dei vescovi in Aparecida: «Essere discepoli e missionari di Gesù» . Interessante vedere che prima dobbiamo essere discepoli, camminare e formarci alla scuola del Maestro per poi annunziare la Sua vita e il Suo amore nel mondo.

CONCLUSIONE
Arrivando alla fine del percorso della lettera, mio caro fratello e mia cara sorella, sicuramente ti sei domandato tante cose, come mi sono domandato io mentre maturavo questi pensieri e ispirazioni vicino al santuario della Madonna delle Grazie. Credo sia urgente per tutta l’Opera impegnarsi sempre di più sulla formazione come trasformazione del cuore nell’amore per diventare “Vangeli viventi” e portatori dell’amore di Dio nel mondo d’oggi.
L’insistenza, che avete trovato nel percorso della lettera, è data dal fatto che la formazione non riguarda momenti o certe situazioni della nostra vita, ma è un atteggiamento costante tramite il cammino proposto da Gesù ai suoi discepoli: Parola – Ascolto – Purificazione – Configurazione – Missione nell’amore, per amore e con amore.
Propongo, perciò, con insistenza un cammino spirituale intenso per vivere all’altezza della nostra vocazione. La vita spirituale non si improvvisa secondo i bisogni che abbiamo ogni giorno, ma è un costante camminare sulle alte vette dell’amore. Penso sia necessario insistere alla fine sul progetto di vita personale che ci aiuta ad organizzare la nostra vita spirituale con le priorità irrinunciabili per fare un percorso formativo che ci aiuti a crescere e trasformarci nell’amore: “Le grandi acque non possono spegnere l’amore ne i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio” (Ct 8,7).
Maria, Madonna delle Grazie, ci accompagni nel cammino di trasformazione nell’amore. A Lei chiediamo di vivere con atteggiamenti d’ascolto la Parola per farla carne. E Lei, icona della vita consacrata e del femminile dedicato a Dio, ci indichi la strada per fare sempre e ogni momento la volontà del suo Figlio, come nelle nozze di Cana quando ha detto ai servi: “fatte quello che vi dirà” (Gv 2,5). A Lei chiediamo la sua intercessione per mettere in pratica la Parola e per diventare Vangeli viventi sulla via della santità. Così Cristo potrà trasformare l’acqua in vino e donarlo a tutta la Famiglia Calabriana, che a sua volta potrà portare il vino nuovo e abbondante dell’amore di Dio nel mondo.
In questo anno sacerdotale chiediamo l’intercessione di Don Calabria nostro Padre, perché ci indichi le strade da percorrere per vivere come lui ha vissuto, e risvegli in tutti noi il desiderio di vivere lo spirito puro e genuino secondo la nostra vocazione e missione all’interno dell’Opera.
Affidandomi alle vostre preghiere e portando ognuno di voi nel mio cuore, vi saluto e benedico tutti con profondo affetto in Cristo Gesù.


P. Miguel Tofful

Verona, 8 Ottobre 2009
Festa Liturgica di San Giovanni Calabria